Emigrazione e turismo delle radici a Marineo

Con l'arrivo dei mesi estivi, e l'approssimarsi della festività patronale di San Ciro, si assiste a Marineo al ritorno di numerosi emigrati che vivono in altre regioni italiane e all'estero. Un altro fenomeno che negli ultimi anni ha avuto un notevole sviluppo è il cosiddetto turismo delle radici o genealogico, riguardante quella parte della popolazione mondiale i cui antenati sono emigrati.
La Rocca di Marineo è per pochi un lontano ricordo, mentre per molti altri costituisce il cordone ombelicale a cui rimanere strettamente legati. È così che ancora oggi, dopo oltre un secolo e mezzo dalle prime ondate migratorie, i discendenti dei "marinesi nel mondo", spinti dal desiderio di scoperta o riscoperta della propria identità e delle proprie origini, decidono di intraprendere un viaggio con destinazione il luogo di nascita dei loro antenati: Marineo, Italy. Su Facebook, ad esempio, c'è un gruppo chiamato "My Ancestors Immigrated from Marineo, Sicily", creato per costruire connessioni con le proprie radici.

È nato così, spontaneamente, il cosiddetto turismo delle radici, un interessante ramo del turismo culturale, che ha come obiettivo quello di visitare e vedere dal vivo quei luoghi conosciuti attraverso i racconti e i ricordi dei genitori o dei nonni. Un’esperienza in cui il paese, le strade, le case, le ricette di cucina, le tradizioni religiose, la famiglia d'origine diventano meta, dove una semplice vacanza si trasforma in un ritorno alla mitica "età dell'oro".
Ma vediamo i numeri. Quanti saranno i marinesi sparsi nel mondo desiderosi di ritrovare le proprie origini? Non è facile rispondere a questa domanda. Ma sappiamo, per esempio, che gli americani che oggi dichiarano di avere antenati italiani sono quasi 18 milioni. E discendono da circa 6 milioni che giunsero negli Stati Uniti tra la seconda metà dell'Ottocento e tutto il Novecento. In pratica, in poco più di un secolo, la popolazione italo-americana originaria è triplicata.
Il fenomeno migratorio chiamato la "grande migrazione" si è sviluppato a partire dal 1861, cioè dopo l'Unita d'Italia. I primi volumi delle Statistiche sull'emigrazione sono stati pubblicati a partire dal 1877. Ma è solo a partire dal 1884 che troviamo dati ufficiali Istat delle prime partenze riferibili a cittadini di Marineo. Per il comune di Marineo le cifre si gonfiano di anno in anno, con qualche oscillazione, fino a raggiungere la punta massima di 635 partenze in un solo anno: il 1902. I dati storici dell'Istituto di statistica mostrano, inoltre, che in soli dieci anni, tra il 1892 e il 1912, emigrarono 3.499 persone. E nei dieci anni seguenti partirono altri 2.616 residenti. Nel 1915 Marineo, nell'arco di soli venti anni, aveva pagato il proprio tributo al fenomeno migratorio, in termini di partenze, con 6.521 emigrati.

È il caso di ricordare che oggi Marineo conta poco più di 6.500 abitanti. E che all'inizio del Novecento il Comune di Marineo contava circa 10 mila residenti. E che quindici anni dopo, alla vigilia della seconda guerra mondiale, i cittadini censiti furono poco più di 7 mila. In pratica, come se un terzo della popolazione marinese di inizio Novecento se ne fosse andata in blocco, da un giorno all'altro, senza fare più ritirno. In pochi anni il paese si era svuotato.
Nel 1915, con l'inizio della prima guerra mondiale il processo migratorio si arrestò improvvisamente. Ma il fenomeno delle partenze riprese, con rinnovato vigore, dopo la seconda guerra mondiale fino agli anni settanta.
Di questi emigrati la stragrande maggioranza aveva come destinazione gli Stati Uniti. A partire non erano solo i braccianti, ma anche piccoli artigiani e professionisti. Gli strati più poveri della popolazione non sempre avevano di che pagarsi il viaggio, per tale motivo tra gli emigranti prevalevano spesso i piccoli proprietari terrieri che potevano affrontare le spese del viaggio. Poi, con le loro rimesse, compravano case o terreni in patria migliorando le condizioni sociali della propria famiglia. Altri crearono nuove famiglie in America e non fecero più ritorno.
Le destinazioni più gettonate dai marinesi erano New York e dintorni, dove costituirono una comunità molto organizzata. Chi partiva da Palermo si imbarcava a Napoli. L'approdo dei bastimenti di emigranti era l'isola di Ellis Island, appunto nella baia di New York.

I primi emigrati di Marineo formarono una colonia a Elizabet Street, nei pressi di Mulberry Street, famosa Little Italy di New York. I marinesi crearono anche una loro associazione legata al culto di San Ciro. Lo statuto ufficiale della Società religiosa san Ciro venne, infatti, approvato con deliberazione di tutta l’Assemblea stante in seduta ordinaria del 27 agosto 1905 nella sala sociale sita al numero 30 della 1st St, angolo della 2nd Ave, ultimo piano, New York. Il documento riporta i nomi dei pionieri marinesi: notaio per l’incorporazione: Giovanni Maccarrone fu Paolo (noto anche come attivo banchiere ed uomo daffari); relatore dello statuto sociale: Alfonso Oliva; commissione per la revisione dello statuto: Maccarrone Giovanni (presidente), Oliva Andrea (vice presidente), Oliva Alfonso (segretario), Poggioreale Salvatore (segretario di finanza); Olivieri Antonino (curatore), Virga Giovanni (curatore), Bonomolo Giuseppe (consigliere), Carmelo Nicolosi, Salvatore Liuzza. Tesoriere della società: La Valva Pietro. Tesoriere festa: Vaccarino Ciro. Membri che incorporano la società: Maccarrone Giovanni, Oliva Andrea, Oliva Alfonso, Poggioreale Salvatore, Cangialosi Filippo, Calderone Michelangelo.
Con il migliorare delle loro condizioni economiche molti marinesi si spostano a Brooklyn e nel Queens, mentre altri trovano nuove occasioni di lavoro nel New Jersey. Una numerosa comunità si stabilì, infatti, a Garfield, ambiente ricco di boschi e aperte campagne.
Oggi sono circa 18 milioni gli americani che dichiarano di avere origini italiane. Rispetto al passato gli Italo-americani vanno molto fieri delle proprie origini made in Italy, che oggi i media associano a cibo, moda, arte, natura e cultura nella sua accezione più ampia. 

Nuccio Benanti

Il naufragio della nave Utopia


Centotrenta anni fa, il 17 marzo 1891, colava a picco nel giro di una diecina di minuti, il piroscafo "Utopia" con a bordo 813 passeggeri e 59 membri dell'equipaggio. Ufficialmente ne morirono 537 ma supponiamo che siano stati di più, in considerazione del fatto che c'erano clandestini e passeggeri imbarcatisi a Trieste che faceva parte dell'impero austroungarico. Mezzojuso ha avuto 13 vittime : 

 Burriesci Francesco a. 24

 Burriesci Vincenza a. 7

 Burriesci Maria  a.5

 Figlia Rosa a.42

 Chetta Giuseppe a.51

 Chetta Giuseppe a. 7

 La Barbera Angela a.23

 Bausano Francesco a.41

 La Gattuta Antonina a. 35

 Mistretta Dario a. 7 

 Mistretti Provvidenza a. 1

 Di Miceli Ciro a. 23

 Maddi Nicolina a. 12

La partenza

“Poi a un certo punto fu annunziata la partenza. Dalle risate si passò direttamente alle lacrime. Molti emigranti avevano portato con sé, sulla nave, un gomitolo di lana, lasciandone un capo nelle mani di un parente. La nave partì, lentamente, come se scivolasse su di un piano inclinato. I gomitoli si svolsero dolcemente tra le grida delle donne, i fazzoletti sventolati e i bambini sollevati per aria. Ed ecco il distacco: i fili di lana rimasero ancora a mezz’aria sostenuti dal vento, poi non si videro più.” 
Luciano De Crescenzo

Un Baucinese a New York (1901)


Turi non vuole stare a Baucina, gli sta troppo stretto il suo paesino, è andato militare ed ha conosciuto una grande città come Napoli: da quel porto ha visto partire i bastimenti per l'America ed è là che vorrebbe andare. Esprime questo desiderio in famiglia, sono tutti contrari, in America vanno quelli che non hanno niente, invece lui ha tutto, ma come gli rinfaccerà per tutta la vita la sorella Vincenzina "ti puncia l'orio na panza e ti lamintavi" un detto Baucinese per dire che il cavallo si lamenta perché ha troppa biada nello stomaco. Lui ribatte che anche lo zio Giovanni, fratello della mamma, sia andato in America anche se a Baucina era un grosso burgisi. 

Turi è testardo e l'avrà vinta, partirà come turista e andrà a trovare lo zio Giovanni ed il cugino Shalì', cosi in americano chiamano Salvatore. Partirà con il bastimento da Napoli. Come racconterà lui già il viaggio fu un’ esperienza. Sul bastimento conosce due giovani ebrei. Racconterà sempre divertito come avvenne questa conoscenza: lui viaggiava in prima classe, ma ben presto si annoiò perché non c'erano giovani, che viaggiavano tutti in seconda e per lo più in terza classe. Un sabato scese in seconda classe ed un giovane gli chiese se per favore poteva accendere loro la spiritiera, che era quel fornelletto alimentato ad alcool etilico che serviva per riscaldare le vivande. Lui capì che non avevano da accendere e gli porse la scatola dei fiammiferi, ma il giovane rispose che loro i fiammiferi li avevano, solo che essendo sabato non potevano accendere il fuoco. Lui si prestò volentieri ma poi chiese il motivo di ciò. I giovani in questione erano due e gli spiegarono che loro professavano la fede rbraica e per loro il sabato era sacro e c'era il divieto di preparare i cibi e quindi di accendere il fuoco, loro stavano appunto riscaldando del caffè del giorno prima. 

Turi fece amicizia con i due giovani di fede ebraica, ma più italiani di lui, uno era calzolaio e l'altro guantaio. Questi aveva con sé una valigia piena di guanti che aveva confezionato ma non aveva potuto vendere, questo era l'unico capitale che si portò dall'Italia. Disse che sicuramente li avrebbe venduto appena arrivato, invece li vendette tutti sulla nave, e il primo acquirente fu Turi, l'altro il calzolaio aveva portato con se i suoi attrezzi di lavoro ed anche molti legacci per le scarpe, anche lui si diede da fare durante il lungo viaggio.

 Turi aveva tanta ammirazione per questi due giovani, il calzolaio si chiamava Davide, mentre il guantaio si chiamava Cesare, provenivano entrambi dal Roma. Prima di scendere dalla nave diedero a Turi un indirizzo dove li avrebbe potuto trovare ogni sabato, si lasciarono con la promessa di rivedersi. Il cugino Shalì si fece trovare al porto con un cartello " Shalì La Barbera/Turi Alessi " infatti i due cugini non si conoscevano. Molti sulla banchina avevano dei cartelli, per i turisti c'era solo la formalità dell'esibizione del passaporto, l'esibizione del denaro che non doveva essere al di sotto di una certa cifra ed anche l'indirizzo di dove si doveva andare ad alloggiare, gli altri passeggeri invece venivano portati in quarantena. Quando mio nonno arrivava a questo punto del racconto diceva: <<Ed appena misi peri 'nterra capivu subitu cosa è l'America, cunti sulu si ha munita>>. 

Turi raggiunse la casa dello zio Giovanni che abita a Little Italy, proprio a Bocina stritti, che è una traversa della Eighteenth Avenue: chiamano quella strada Bocina stritti, perché è interamente abitata da Baucinesi. Lo zio Giovanni ha comprato un appartamento in una di quelle case, a lui il bisinisi gira, ha un magazzino al porto, importa dalla Sicilia formaggio pecorino ed olio di oliva che poi rivende ai ristoranti ed ai negozi di Little Italy. Il cugino Shalì è impegnato nel magazzino a ricevere le merci, lo zio a smistarli ai negozi ed ai ristoranti, quasi tutti gli operai sono siciliani, si parla uno slang misto di siciliano e termini inglesi sicilianizzati, l'attività non si ferma un minuto. 

Turi ogni giorno va con lo zio e il cugino al magazzino, dopo qualche giorno lo zio gli propone se vuole lavorare con lui, gli serve un altro facchino, Turi declina l'invito, lui è andato in America per fare il signore non il facchino, lo zio gli dice che in America tranne quelli che sono ricchi già da generazioni, tutti gli altri cominciano da zero Anche lui non appena arrivato in America ha fatto il briccaiolo (il muratore, da brick, mattone), per i nuovi arrivati c'è solo questo, o i facchini o i muratori.

A Turi questo discorso non piace, lui a Baucina si dedicava solamente a piazzare a Palermo i prodotti della masseria di suo padre ed ora in America dovrebbe fare il garzone?

È arrivato da circa due settimane e molte cose di quel posto non gli piacciono, come per esempio vengono trattati gli italiani, nel quartiere degli irlandesi in molti locali c'è scritto sia in inglese che in italiano " VIETATO L'INGRESSO AGLI ITALIANI" , ma lui e suo cugino sono entrati spesso in un bar vicino la chiesa di San Patrizio e lì li hanno fatti entrare. Suo cugino gli ha detto che loro possono entrare perché dai loro vestiti si vede che hanno soldi, quindi per loro non c'è nessun divieto. Una sera che si recano in quel locale si avvicina loro un bambino cencioso e tremante, sentendoli parlare in siciliano si rivolge loro con queste parole 'signirini paisa', u Signuri vi mannau...Turi mette le mani in tasca e gli dà qualche penny, ma il bambino continua, " no Paisà hai pitittu e puru li me du suruzzi nichi.. E allura chi voi? Chiede Turi, il bambino risponde: 'na 'da bacheria a quist'ura vinninu viscotta e pani a picca peni' ma a mia nun mi fannu trasiri picchi' sugnu talianu. Turi risponde: ma puru io sugnu talianu... Ma un talianu riccu, risponde il bambino. Turi pensa "sempre a stessa storia, ca ci su figghi e figghiastri" Turi e Shalì entrano nella Bakery e comprano pane e biscotti, vedono che nel mentre sono entrati dei ragazzini male in arnese come il piccolo siciliano, ma hanno i capelli rossi o biondi ed il volto lentigginoso, sono irlandesi poveri, ma non sono taliani, e guardano quei signori ben vestiti con alterigia ed odio, il panettiere dà loro qualche biscotto e vanno via. Stanno facendo il giro del loro quartiere prima che i negozi chiudono a raccattare qualche avanzo. Il bambino talianu li ringrazia e dice che lui purtroppo abita in un quartiere dove gli italiani non sono ben visti, ma suo padre fa il guardiano in una villa e hanno l'alloggio gratis, ma non è sempre che suo padre trova lavoro durante il giorno. Con queste sue parole si lasciano. 

Dopo circa un mese che Turi si trova a New York un sabato decide di andare a trovare i suoi amici ebrei,  nel quartiere ebraico che si trova a Brooklyn propria accanto a Little Italy, Turi trova i suoi amici all'indirizzo che loro gli avevano dato, praticamente era il centro culturale ebraico e luogo di assistenza dei nuovi arrivati, a Cesare e a Davide era stato dato un seminterrato che avrebbero usato come laboratorio e come dormitorio, in più una macchina da cucire Singer per cucinare il pellame. Entrambi lavoravano a cottimo per dei grossisti anche loro ebrei, per un anno la comunità avrebbe offerto loro l'alloggio gratis ed anche la possibilità di usufruire ogni giorno della mensa. La comunità ebraica newyorkese offriva per un anno ai loro correligionari questo tipo di assistenza se loro erano bravi a crearsi il business entro un anno bene se no non davano loro una seconda occasione. Un buon metodo, davano la lenza per pescare non il pesce. Anche nella comunità italoamericana c'era molta solidarietà ma tutto era lasciato alla buona volontà dei singoli, non c'era niente di strutturato, nel seminterrato del palazzo dove abitava lo zio Giovanni, viveva la famiglia di una vedova la quale avendo un bimbo piccolo. Lei non poteva andare a lavorare e vivevano della carità dei vicini e della parrocchia che gli pagava la prigione del sello. Ma in tutti i tre gruppi etnici confinanti era la malavita organizzata che dettava legge e molte volte entravano in guerra fra loro per la spartizione dei traffici e delle zone di influenza, ma la più forti e strutturata era la mafia italoamericana. A Little Italy era la padrona assoluta e non si poteva muovere foglia d'albero senza il suo consenso. 

Turi capì che New York non faceva per lui e decise di ritornare in Italia. Suo padre gli mandò il denaro per ritornare e fu così che si concluse l'avventura americana di Turi, che nel suo viaggio di ritorno conobbe due socialisti che erano stati espulsi dagli Stati Uniti d'America, due socialisti palermitani che avrebbero influenzato le scelte politiche della sua vita. 

Silvana Alessi