In questa torrida estate siciliana mi fanno venire i brividi certe fakes elettorali su una idilliaca e gaudiosa immigrazione italiana negli USA. Chi ha vissuto le tragiche esperienze di fine Ottocento e primi Novecento, di quei cafoni straccioni con le valigie di cartone, stivati nei transatlantici da negrieri, chi vi sopravvisse sa cosa significò il lager di Ellis Island.
La grandezza di una certa America eccelsa sta nel non nascondere l’immondizia sotto il tappeto: oggi quelle celle, con interriate come stive da polli, sono preservate ad eterno ricordo come museo, con schedari e anagrafe.
Avrei grande desiderio di leggere le schede di mio nonno e di mio zio, inoltratisi a lavorare in una fabbrica di shoes fino a Chicago, ove nel naso si formavano i ghiaccioli ed era un problema pure pisciare. Figurarsi riscaldamenti e altri lussi di benestanti. Ma non poterono o vollero restarci.
Come tanti odierni marocchini investirono il denaro in una nuova casa e in terreni di una cooperativa cattolica, divorati dalla grande depressione e subito comprati dalla mafia. La patimmo anche noi, come le più recenti crisi finanziarie partite dagli USA.
Allora gli Italiani erano alla pari dei neri, imperavano i wasp, sapete cosa intendo, se è un privilegio di razza ancora oggi, gli eredi di quei razzisti inglesi. E gli italiani, americanizzarono il nome, si camuffarono da inglesi.
Non ebbero miglior sorte nel continente australiano terra di deportazione fino a qualche anno fa dei galeotti inglesi (36 navi nel 1833). Navi stracolme. In Australia l’italiano era e forse è ancora un po’ più su dell’indigeno ritenuto animale e oggi mantenuto nelle riserve. I clandestini odierni sono deportati in un’isola dove restano apolidi e sequestrati a vita.
Noi, sì, nascondiamo l’immondizia sotto il tappeto. Si tace dei transatlantici carichi di migliaia di bambini venduti dalle madri troppo prolifiche e rivenduti come i negri, dal 1887 in Francia a Lione, poi in America latina e dal 1900 all’asta del porto di NY. E c’erano bravi ed esperti acquirenti locali, loschi figuri di negrieri della tratta dei bambini dai dieci ai quindici anni nel porto della Napoli della miseria, scotto dell’unificazione savoiarda, comprati in tutta Italia.
Poveri scafisti odierni, sono dei miserabili rispetto ai transatlantici che partivano stracolmi da Napoli. Si sapeva che ne sarebbero sopravvissuti una parte. Gli altri sarebbe stati cadaveri, cibo per i pescecani dell’Atlantico.
E passiamo all’altro spinoso tema dell’inclusione o con un beato eufemismo dell’integrazione. Il velo è islamico e lo punisce severamente la Francia dell’illuminismo (fine Settecento), e dei principi di civiltà, libertè, legalitè, fraternitè (c’è anche una fraternità cristiana, l’elemosina da parte di diverse sigle, in nome del Cristo della Maddalena, invocato però contro ogni diversità sessuale).
Chi può negare che la moderna migrazione in Italia è una vera e propria invasione. Non dimenticate, Leghisti, che quei Longobardi da cui vi appellate e vi vantate di discendere, come Goti, Ostrogoti, Visigoti ed Eruli ed altri, avevano una formazione e una cultura acquisita ai confini della romanità.
Quel pugno di circa centomila invasori (dite voi migranti), giurò con Autari fedeltà a Costantinopoli ed impose sì su una buona parte di Italia i propri costumi e le leggi primitive come il guidrigildo, la faida e l’ordalia, stracciando con l’editto di Rotari una tradizione giuridica latina e gli insuperabili codici di Giustiniano.
Gli immigrati africani, come i neri di America, riempiono le carceri italiane: voglio dire che sono sottoposti e subiscono giustamente le norme del nostro codice penale e civile. Anche un turista italiano negli USA è sottoposto alle loro leggi. È diritto internazionale. Sono però una minoranza rispetto all’altra delinquenza più incisiva che proviene dagli Stati della nostra cosiddetta Unione europea.
Ma fa sempre impressione l’uomo nero. Da bambini ci si terrorizzava con la sua immagine che compariva in luoghi da proteggere. E l’Italiano medio, come tutti i benestanti del mondo, è terrorizzato dallo straniero, che lo defrauda di casa e lavoro (quello che lui non farebbe mai, ancor più oggi che crede nel reddito di cittadinanza).
Una volta si mise paura con i comunisti che mangiavano i bambini, poi con il pericolo giallo, sempre per meschine fake elettorali. Bisogna cavalcare le paure del popolo credulone privo di futuro. Trump insegna con la sua America dei muri faraonici, dei bambini separati, degli USA über alles.
La stirpe, la razza. Se si dovesse fare l’elenco dei popoli che inseminarono il Veneto, a cominciare dai profughi troiani! Perciò esclusi i neri cattivi che ci pagano le pensioni, la trovata: diamo cento euro di elemosina ai puri italiani per allevare un figlio. Con i loro trentamila e più euro al mese e altre guarentigie non sanno neppure quanto costino in ansie e denaro.Sembra di vivere sulla luna e di non sapere che la classe media non ne fa perché vuole godersi la vita e gli altri non ci provano perché temono per il loro futuro.
I nostri sedicenti fascisti moderni non conoscono l’intelligenza dell’inventore del regime. Gli Italiani non si fanno pagare per atti dannosi ai loro edonistici diversivi, si piegano solo davanti al bastone, per dire la semplice punizione e mai davanti al premio: Mussolini perciò introdusse la tassa sul celibato.
Ancora mi chiedo se non sono pure io frutto di questo originale incremento demografico. Lo suggerisco ai nostri governanti. Anche pochi euro di multa convincerebbero i recalcitranti.
E per concludere in gloria. Oggi i nostri italiani, anche i Siciliani, hanno una certa fama negli USA. Non ultimo il simpatico Travolta in John Gotti con presentazione del figlio pentito a Cannes.
Un mio importante concittadino si è opposto alla concessione della cittadinanza italiana ad un altro famoso attore che ha impersonato per anni la Sicilia dei padrini e dei Corleone. Ma ci sono stati altri grandi artisti che hanno descritto l’America con l’Italian style, penso a Scorsese e Tarantino.
La nostra terra è altro negli USA. L’eminenza culturale e politica da Capra a Sinatra a DeLillo per fare dei nomi. Se i Siciliani si integrarono bene negli USA, fu solo nel caso del gangsterismo irlandese e la mafia con il pizzo e la droga.
Altri lottarono contro, per tutti Joe Petrosino con la sua lapide a Palermo a piazza Marina. Per Sacco e Vanzetti fu un’altra storia. Sarebbero andati alla sedia elettrica comunque non perché italiani: erano semplicemente attivisti e anarchici, pur se falsamente accusati di omicidio durante una rapina. Non si pretese di integrare gli Italiani, né questi lo fecero.
A New York esistono ancora associazioni e congregazioni di piccoli paesi con le loro processioni folkloristiche e i loro giochi di fuoco, con i San Gennaro e le Madonne del Carmelo (un seguito santuario in Arizona). Un mio compaesano che ha fatto fortuna ha preservato un bel S. Giorgio nostro protettore.
L’America e soprattutto New York non si sono mai sognati di integrare, ma accolgono tutte le tradizioni e costumi, tutti i culti e i riti, non impediscono la costruzione di una moschea come nella moderna civile Milano o la nascondono al Vaticano come a Roma.
E i miei illustri concittadini sono orgogliosi delle loro origini, della loro identità culturale siciliana, che non è la mafia da folklore, e sono venuti a mostrare all’ultima terza generazione la supposta casa dei bisavoli. E altri prizzesi di quarta generazione hanno chiesto la cittadinanza italiana, per sé e per i propri figli, consapevoli delle proprie radici e della propria identità. Che gli USA non hanno mai preteso cancellare, anzi hanno favorito il pluralismo come arricchimento culturale. Il più grande crimine è privare un popolo della sua identità culturale.
La Costituzione americana è stata approvata a Filadelfia dal nucleo dei tredici stati fondatori il 17 settembre 1787 (a 261 anni fa nessuno ne mette in dubbio la sua modernità e bontà): “Noi consideriamo come incontestabili ed evidenti per se stesse le seguenti verità: che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili, che tra questi diritti sono, in primo luogo, la vita, la libertà, e la ricerca della felicità”.
Mai lode potrà essere adeguata al direttore di questo giornale per avervi posto come occhiello il primo civilissimo e umano emendamento: “I. — Il Congresso non farà alcuna legge per la istituzione di una religione o per proibirne il libero esercizio; o per restringere la libertà di parola o di stampa o il diritto del popolo di riunirsi pacificamente e di rivolgere petizioni al Governo per la riparazione di ingiustizie”.
Carmelo Fucarino (La Voce di New York)