Sono partito per la Germania / il due ottobre del millenovecentosessantuno / che qui non potevo più campare /io e la famiglia con quattro bambini / Sono partito da clandestino / e non ho passato le montagne a piedi come tanti altri / ma d’intrallazzo con le macchine / Centomila lire mi è costato / denari prestati al vento per cento / ma Dio mi ha aiutato / e ora alla posta ho qualche milione. (Stefano Vilardo, Tutti dicono Germania Germania. Poesie dell’emigrazione, Sellerio 2007, pag . 19).
Partii per la Germania da clandestino / Per attraversare le montagne / feci dodici ore di cammino a piedi / soffersi molto ma appena arrivato / mi imbocciai in una fabbrica di prodotti chimici / Lavoravo a riempire fusti di acido / un giorno per poco non ci lasciai un occhio / chè una goccia mi schizzò in faccia […] Ci capiamo a gesti / a mano a mano gli rubiamo qualche parola / ma a me mi fanno schifo / ché ci trattano peggio dei cani / un giorno che entrai in un caffè con gli amici / che volevamo berci una bottiglia di birra / ci buttarono fuori a pedate. ( Sellerio, pp.47-48)
Molto prima d’emigrare lavoravo la terra / la lasciai ché non mi dava più da campare / e mi misi a fare il manovale /Insomma mi guadagnavo la giornata / poi un sommatinese mi convinse / a partire con lui per la Germania /Arrivammo a Ventimiglia / in venti persone tutte deliane / Per passare la frontiera / ci portarono per le montagne / in mezzo ai boschi / attenti alla Finanza / Non riuscimmo a passare / l’altra guida che doveva arrivare con le macchine / non venne / e noi restammo in mezzo alle montagne /senza acqua né pane / Allora un mio amico che aveva fatto più volte quella strada / mi portò con lui / Riuscimmo a passare / c’era la neve più alta di un metro / camminavamo con la bocca / ché non riuscivamo a stare dritti / tutti bagnati / mezzo soffocati dal vento / ma gli altri compagni li bloccò la polizia / A Grenoble trovammo dei paesani / che ci ricoverarono / e l’indomani ci portarono al lavoro / In Francia stavo bene / ma un mio amico mi disse / che in Germania pagavano meglio / allora andiamo a vedere / Passammo clandestinamente / di notte / alle due / Attendemmo dentro un cimitero che si facesse notte / so io la paura che mi presi (Sellerio, pp.80-81)
Partii da clandestino / con diversi paesani e sommatinesi e favaresi / Passammo le montagne / così alte che facevano spavento / Sette giorni di fame /che ci nutrivamo con la neve / Camminavamo di notte / per la paura che la polizia ci scoprisse ( Ibidem, pp.109-110)
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Non riuscivo a campare qui /Lavoravo in miniera a Ramilia / per un salario di fame / Il padrone il cavaliere Sala /ci faceva sempre scioperare /affinché la regione gli desse i contributi /Soldi sempre soldi /era come un pozzo senza fondo / ma a noi non lasciava che le briciole. ( Sellerio pag.31)
Uno scappa di casa e va all’estero / per i bisogni della famiglia / per risolvere il problema della casa / per amore dei figli per se stesso. / Solo come un cane / si mette sopra un treno / che lo porta in terre mai viste / tra gente che non conosce / e quando arriva è la cosa più brutta del mondo / chè uno non sa parlare non capisce. […]. È per questo che scappiamo all’estero / è per campare i nostri bambini. ( Sellerio pag.33)
Partii per la Germania / nel mese di novembre del sessantatré / e mi sembrò di essere andato all’inferno / […] /E’la lingua che non ci aiuta / Io mi faccio i fatti miei / E’ dal cinquantanove che vado e vengo / e ancora non capisco niente / Non parlo e lavoro come un mulo / allora mi rispettano/ Bisogna lavorare e stare zitti / […] Ritorno dal lavoro stanco morto / e arrivato in baracca devo cucinarmi / e lavarmi la roba e rattopparla / chi ha tempo di pensare alle donne / E’ vita questa / Vita di sacrifici / Ma io dico / che sempre noi dobbiamo farli questi sacrifici / ché siamo figli di puttana / muli siamo senza padre né madre (Sellerio, pag.26).
Francesco Virga
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