Le camicette bianche delle immigrate

Il 25 marzo 1911 scoppiò a New York l’incendio alla Shirtwaist Triangle Factory, che costò la vita a 146 persone, in maggioranza giovani donne immigrate tra cui 38 italiane. I proprietari, Max Blanck e Isaac Harris, erano immigrati ebrei che avevano fatto fortuna con la produzione delle camicette a vita stretta e maniche a sbuffo, come dettava la moda del tempo. Le misure antincendio non erano rispettate e mentre alle ragazze era proibito cantare, agli operai maschi era consentito fumare. L’incendio devastò il laboratorio situato nel centro di New York all’ottavo e nono piano dell’Asch Building in Washington Square. Molte operaie, rimaste intrappolate nel laboratorio la cui porta, come di consueto, era stata chiusa a chiave per evitare che le operaie si prendessero la libertà di uscire, si lanciarono dalla finestra schiantandosi al suolo. Amiche e sorelle si gettarono nel vuoto abbracciate; alcune famiglie furono decimate. E mentre i getti degli idranti raggiunsero solo il sesto piano, i teli e le coperte stese da pompieri e passanti non ressero al peso delle ragazze e si lacerarono. La tragedia sollevò un’ondata di indignazione e ai funerali che si svolsero sotto la pioggia battente parteciparono 400.000 persone, un decimo della popolazione della metropoli. Il 30 giugno 1911 venne approvata la legge che istituiva la Factory Investigation Committee che ascoltò oltre 200 testimoni, ma al processo che seguì, e che durò solo 23 giorni, i proprietari furono assolti da una giuria di soli uomini che arrivò al verdetto in sole due ore. Nei quattro anni successivi, grazie alla mobilitazione femminile, di attiviste sindacali e riformatrici si approvarono otto leggi in tema di lavoro. Grazie all’impegno della Women’s Trade Union League, il sindacato femminile che riuniva la lavoratrici di diversi settori, le donne italiane superarono la loro resistenza a unirsi all’organizzazione.
(da BRUNA BIANCHI, Università Ca Foscari di Venezia, 2017).

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